Immaginate se arte e sport si unissero a formare qualcosa di unico, una cosa sola. Secondo voi è impossibile? Invece la storia ci insegna che nulla è impossibile, arte e sport possono entrare in simbiosi ecco anche perché.

“Per dare un’idea migliore di questo tipo di barche, non saprei far meglio che citare il Condor del signore Caillebotte, il gran capo e il più piacevole dei pittori indipendenti di rue des Pyramides. Ha una chiglia di 7,40 metri e misura 8,20 metri da un capo all’altro. La sua larghezza è di 2,50 metri e ha una superficie velica di 97 metri quadrati, suddivisi tra i 66 della randa e i 31 del fiocco. La superiorità di questa imbarcazione dev’essere attribuita sia alle sue buone forme sia al felice tentativo del suo proprietario che ha provato a far confezionare le vele in seta”.

Il brano, tratto da una rivista di fine Ottocento, descrive una delle barche a vela di Gustave Caillebotte (Parigi, 1848 – Gennevilliers, 1894), il grande pittore impressionista, che oltre a essere collezionista d’arte nonché mecenate di molti suoi colleghi, è anche un appassionato velista, che prende parte a numerose regate in Francia. Riuscendo anche a vincerle!
L’artista compera la sua prima imbarcazione da regata nel 1878: decide di chiamarla Iris. Ne seguono diverse altre, molte delle quali hanno nomi molto particolari. Una, per esempio, si chiama Roastbeef. Un’altra ancora Cul-Blanc. E un’altra col nome Condor, che richiama alla mente il noto rapace sudamericano; insomma un uomo molto stravagante in tutto e per tutto.
Come anticipato, Caillebotte inizia a gareggiare con le sue barche, che spesso vengono anche disegnate da lui quindi non solo un pittore e velista , ma anche uno dei primi designer. È nel 1876 che l’artista si iscrive, assieme a suo fratello Martial e all’amico Maurice Brault, al Cercle de la Voile de Paris, il Circolo velico di Parigi, la cui sede si trova a pochissima distanza dall’appartamento in cui Caillebotte abita. Dal centro di Parigi ad Argenteuil, dove i velisti del club tengono le loro barche e dove si allenano, si impiegano poco più di venti minuti di treno. E alla fine degli anni Settanta l’artista, trentenne, si reca spesso nella cittadina alla periferia di Parigi, perché non ha mai condotto una barca a vela, e deve imparare, ovviamente in qualità di membro di equipaggi esperti. Caillebotte vuole però diventare un provetto velista: si allena duramente e con grande costanza (va detto che viene da una famiglia ricchissima, e le sue facoltà economiche gli consentono di dedicarsi alla vela per buona parte della sua giornata) fino a diventare, dopo alcuni mesi, in grado di comandare uno yacht. Caillebotte si allena dapprima su barche prese a noleggio, e acquisita familiarità con le manovre e le regole dello sport, decide di acquistare la già citata Iris, che diventa anche la prima barca con la quale l’artista inizia a mietere i primi successi. Infatti nelle regate della stagione velistica 1879 sulle acque della Senna, il pittore ottiene due primi e due secondi posti, oltre a diversi altri premi e medaglie. Caillebotte è così innamorato dello sport della vela che decide anche di donare una cospicua quantità di denaro per permettere la nascita di Le Yacht, settimanale che viene fondato proprio nel 1878 su iniziativa di alcuni membri del Cercle de la Voile. Dopo i successi nelle gare di Argenteuil, nel 1880 l’artista ordina la costruzione di Ines, un clipper della lunghezza di undici metri, con il quale comincia a partecipare anche alle regate che si svolgono sul mare, in Normandia, ma subito dopo opta per un clipper più agile, della lunghezza di poco più di otto metri, con cui continuare a gareggiare sulla Senna: è il Condor di cui si parlava in precedenza, e diventa la barca preferita dell’artista. Per almeno un paio d’anni, sarà con il Condor che Caillebotte disputerà le regate.
E poteva forse la vela essere assente dalla produzione artistica di Caillebotte? Certo che no: una delle prime opere sul tema raffigura proprio Ines e Condor assieme. Si tratta di un dipinto firmato e datato, che risale al 1882 e che è stato venduto in asta. Ines è a sinistra, è quella con lo scafo rosso. Condor invece è la barca con lo scafo giallo: il fatto che sia stata raffigurata al centro esatto della scena, con l’albero che divide in due parti pressoché uguali la composizione, è indicativa del fatto che Condor sia l’imbarcazione preferita di Gustave Caillebotte. Un’altra barca naviga più indietro, mentre un paio sono ormeggiate sulla riva vicina a noi. Dell’altra riva vediamo, delineati con brevi tocchi di pennello, gli alberi lungo il fiume. Macchie di colore abilmente disposte sulle acque della Senna offrono all’osservatore l’impressione delle imbarcazioni che si riflettono sul fiume. Si tratta di una delle prime opere sul tema della vela (in totale, Caillebotte ne produrrà una quarantina): è un dipinto piuttosto convenzionale, che si ispira alle analoghe composizioni che Claude Monet aveva realizzato proprio ad Argenteuil (anzi, si può quasi dire che Caillebotte abbia “scoperto” Argenteuil anche grazie a Monet) anche se, rispetto a quella del collega, l’opera di Caillebotte ci appare più immediata. Un effetto dovuto anche alla rapidità con la quale l’artista è solito condurre a termine le sue opere in questo periodo. Insomma la vita di quest’uomo era divisa tra vela e quadri, tra sport e arte.
La perfetta conciliazione tra la natura e te stesso e per concludere una frase di un suo contemporaneo come Mark Twain che il signor Caillebotte, sicuramente, ha seguito alla lettera durante la sua vita.
“Tra vent’anni sarai più infastidito dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Perciò molla gli ormeggi, esci dal porto sicuro e lascia che il vento gonfi le tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.”